Quello di Pedavena – anzi, Fabbrica in Pedavena – è uno dei nomi storici dell’arte birraria nel nostro Paese e non solo poiché in questo piccolo centro della provincia bellunese le attività di produzione e commercializzazione della bevanda hanno preso il via addirittura nel 1897. Ne sono stati iniziatori i tre fratelli Sante, Luigi e Giovanni Luciani facendo tesoro delle ricche risorse di pregevoli acque sorgive (e ghiaccio) del territorio. La storia del birrificio è anche fatta di passaggi di proprietà che hanno interessato via via tanto il quartier generale originario quanto lo stabilimento di San Giorgio di Nogaro in provincia di Udine. Oggi, il controllo è saldamente nelle mani di Birra Castello S.p.A., già proprietaria dell’impianto udinese e subentrata al colosso globale Heineken in capo a un’autentica sollevazione popolare che vide protagoniste le istituzioni e persino la Chiesa. Quella mirata alla conservazione della Fabbrica sul suolo natio è un’operazione che ha senz’altro dato i suoi frutti. Ne hanno per esempio guadagnato – e ancora ne stanno beneficiando – gli impieghi poiché se sino al 2023 gli addetti complessivi erano cinquanta, quest’anno si è arrivati a settanta e l’intenzione è di continuare ad assumere ancora in tutti i reparti.
Investimenti in tecnologia per essere più sostenibili
A guidarci alla scoperta delle rinnovate dotazioni di Pedavena è stato il responsabile di produzione Nicola Gabrielli.
«L’offerta di pedavena è frutto di una storica ricetta blindata basata su malti europei e luppoli codificati»
L’azienda può contare su cinque linee di confezionamento dedicate sia alle lattine e alle bottiglie sia ai fusti. Un primo stanziamento ha riguardato l’adozione dei fusti da 24 litri Leo-2. Il birrificio si rifornisce di cartucce o preforme in plastica consegnate in scatole che riescono a ospitarne sino a 700 l’una e sistemate su 22 bancali per camion. Il confronto con le tipiche modalità del trasporto di fusti in inox fa emergere la portata rivoluzionaria della scelta: il quantitativo dei contenitori affidati a ciascun vettore è infatti equivalente a quello di 22 camion di fusti tradizionali. Le preforme sono poi gonfiate con apposite soffiatrici all’interno dello stabilimento stesso e riempite solo in base alle effettive necessità di distribuzione. Così facendo si è potuta ottenere una netta ottimizzazione dei costi e delle tempistiche tradizionalmente legati alla logistica e si è contestualmente acquisita una superiore flessibilità dal punto di vista operativo. La preforma, nota come keg in keg, integra due strati dei quali quello più interno è deputato ad accogliere la birra. La pressione per la spillatura si ottiene mediante un compressore che agisce fra le due sacche o strati consentendo di risparmiare CO2. Ogni ora esce dalla linea un totale di prodotto pari a quello di 300 fusti della capacità di 24 litri ognuno. Frutto di un’iniziativa giunta a completamento nel 2020, il sistema rappresenta un esempio perfetto di circolo virtuoso. I contenitori sono del tutto riciclabili poiché realizzati in PET.