Agricoltura rigenerativa, driver di sviluppo della filiera brassicola

agricoltura rigenerativa

In occasione della Giornata del Made in Italy, nella cornice dello storico birrificio Angelo Poretti di Induno Olona (VA), un panel di relatori di alto profilo ha fatto il punto su agricoltura rigenerativa, materie prime, sostenibilità e consumo responsabile per tracciare una nuova rotta della filiera brassicola e, in generale, del sistema agroalimentare italiano. 

A fare gli onori di casa Serena Savoca, Marketing & Corporate Affairs Director Carlsberg Italia: «È necessario avviare una transizione verso pratiche di sostenibilità, a partire dall’agricoltura, per dare maggior valore aggiunto alla qualità già elevata dei prodotti italiani».

Olivier Dubost

Olivier Dubost, Managing Director Carlsberg Italia: «Carlsberg Italia fa parte di un Gruppo internazionale ma ha un’anima fortemente radicata nel territorio italiano. La sostenibilità è un driver di crescita e competitività nella filiera brassicola e sotto questo punto di vista c’è ancora molto potenziale da sfruttare».

Una filiera, quella della birra, fortemente sostenuta dal Governo italiano, come sottolineato da Mirco Carloni, Presidente XIII Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati: «Lo sforzo si deve spostare lungo tutta la filiera, non solo quella produttiva, ma anche quella del luppolo, dell’orzo e della maltazione, per creare valore e stimolare l’intero settore agricolo che può rappresentare il futuro per le nuove generazioni».

Maria Chiara Gadda, Vice Presidente XIII Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati commenta: «La sostenibilità deve essere vista con uno sguardo sistemico e un approccio olistico come un panel di indicatori che mettono al centro lo sviluppo dell’uomo e dell’intero ecosistema. L’agricoltura rigenerativa è tema di stretta attualità e dibattito, unitamente ad altre pratiche agronomiche sostenibili, allo scopo di rimettere al centro la fertilità dei suoli. Spesso all’agricoltura in generale si attribuisce un impatto negativo, quando, al contrario, il contributo può essere assolutamente positivo in un’ottica di economia circolare, captazione di Co2 e remunerazione della filiera. È fondamentale favorire strumenti di aggregazione e politiche di filiera. Carlsberg e il Birrificio Poretti ne sono un esempio grazie al forte radicamento territoriale e al perseguimento di politiche di filiera e di aggregazione positive, assolutamente coerenti con gli orientamenti politici europei, cui si aggiungono politiche di welfare aziendale, sicurezza sul lavoro e consumo responsabile».

La prospettiva danese

La Danimarca è pioniera in ambito di agricoltura rigenerativa, come evidenziato da Anette Christiansen, Capo Affari Ambientali Danish Agriculture and Food Council, e Francesca Zaccarelli, Ambasciata di Danimarca in Italia – Senior Expert Agri-Food South Eu: «L’agricoltura rigenerativa è un sistema olistico che si adatta alle condizioni territoriali e climatiche e che mette al centro la salute e la fertilità del suolo. La Danimarca è uno degli stati più avanti nel riconoscere il valore politico ed economico dell’agricoltura rigenerativa e il Gruppo Carlsberg è stato uno dei primi ad applicare i principi di agricoltura rigenerativa in un paese estremamente dipendente dall’agricoltura, con 2,62 milioni di ettari coltivati pari al 61% dell’area totale e l’11% di aziende biologiche. Le sfide sono parecchie: cambiamento climatico, biodiversità, fertilità e salute del suolo, cover crop, scarsità d’acqua, sicurezza alimentare. Lo scorso dicembre in Danimarca la politica è scesa in campo a favore dell’agricoltura rigenerativa: è stato infatti approvato un accordo tra società civile, produttori e Governo, un compromesso storico per la riduzione delle emissioni attraverso misure di agricoltura rigenerativa. La Carbon Tax che deriva da questo accordo spinge gli agricoltori e allevatori a diminuire le emissioni per ogni tonnellata di CO2 equivalente emessa. I proventi della Carbon Tax tornano al settore agricolo tramite investimenti verdi, gli allevatori possono abbassarla gradualmente, implementando misure di agricoltura rigenerativa. Nonostante gli investimenti iniziali e le spese correnti, i vantaggi a medio e lungo termine porterebbero ad un aumento teorico dei profitti fino al 40%, grazie all’aumento della resilienza e delle rese e alla riduzione dei costi. Inoltre, si può considerare un risparmio di 40 euro per ettaro grazie a minori costi di lavorazione del terreno e un ulteriore incremento del 15% di convenienza economica ottenuta con la pacciamatura e la rotazione della leguminose, per un totale di 310 euro per ettaro risparmiati».

Il ruolo del consumatore

Nella filiera birraria un protagonista fondamentale è ovviamente il consumatore finale. Sulle sue scelte e sui suoi comportamenti di acquisto si è concentrata una recente ricerca presentata da Christian Garavaglia, Docente di Economia Industriale presso Università degli Studi di Milano-Bicocca e Università Bocconi e attualmente Consigliere regionale in Regione Lombardia e membro delle Commissioni regionali Commissione Bilancio e Commissione Sanità.Quali le principali evidenze? I consumatori dimostrano un interesse crescente verso i prodotti biologici, in particolare la GenZ e i Millennials, principalmente per motivi di salute. E il 21% del totale intervistato è disposto a pagare fino al 10% in più per i prodotti biologici. «La Lombardia sostiene concretamente il settore biologico attraverso misure come gli aiuti regionali (ad esempio il bando SRA 2025 mette a disposizione 38,7 milioni di euro per sostenere attività nell’ambito agroambientale destinate a sostenibilità, agricoltura biologica e rigenerativa), la promozione dei Distretti biologici e il monitoraggio delle filiere. In Lombardia gli ettari dedicati alla coltura biologica sono in crescita costante». Lato prodotto birra, è stata condotta una ricerca universitaria che ha coinvolto circa 1000 consumatori da cui sono emerse delle evidenze interessanti: il 60% degli intervistati preferisce birre prodotte in Italia con prodotti locali; il 46% sceglie birre con ingredienti coltivati in maniera sostenibile. In questo contesto l’utilizzo di luppolo 100% italiano diventa un fattore chiave nella scelta, soprattutto quando si parla di birre artigianali. «Stiamo assistendo in Lombardia a una diffusione crescente di superfici agricole destinate alla coltivazione di luppolo da parte di aziende dinamiche e Regione Lombardia è attivamente impegnata nello sviluppo di una filiera regionale del luppolo», conclude Garavaglia.

Ricerca&Sviluppo a sostegno della filiera

«Occorre innovare la filiera brassicola e rafforzare la catena del valore economico – sottolinea Andrea Rocchi, Presidente CREA caratterizzando una materia prima di qualità e migliorando la qualità delle produzioni affinchè sia il trasformatore sia il distributore possano aumentare il margine economico sul prodotto che vanno a vendere. È fondamentale fare squadra tra mondo della ricerca e mondo dell’impresa, per noi del CREA è fondamentale avere un dialogo con aziende come Carlsberg». Risale all’anno scorso l’accordo strategico tra Carlsberg Italia e il CREA per sostenere il Made in Italy nella filiera brassicola e promuovere la ricerca e l’innovazione sul luppolo coltivato in Italia.

Carlsberg pioniera della sostenibilità

Serena Savoca

«Carlsberg Italia si caratterizza per il suo spirito glocal con radici fortemente radicate nel territorio italiano – ha commentato Serena Savoca, Marketing & Corporate Affairs Director di Carlsberg Italia -. E in Italia, da ormai quattordici anni, pubblichiamo il report ESG che si rifà alla strategia di Gruppo Together Towards ZERO and Beyond. Quattro i pilastri: zero emissioni di CO2, zero sprechi di acqua, zero consumo irresponsabile, zero incidenti, a cui nel 2023 si sono aggiunti due nuovi pilastri, zero rifiuti da imballaggi e zero impatto sull’agricoltura (l’agricoltura impatta per il 20% sulle emissioni di CO2 di Carlsberg). L’agricoltura rigenerativa è un terreno tutto nuovo da scrivere insieme: il nostro obiettivo è ottenere entro il 2030 il 30% dell’approvvigionamento delle materie prime da pratiche agricole rigenerative, per arrivare al 100% entro il 2040».

In questo si inserisce la già citata collaborazione con il CREA e la partnership dal 2019 con Italian Hops Company per la fornitura di luppolo 100% Made in Italy. Dal 2023 in tutta la gamma del Birrificio Angelo Poretti si utilizza luppolo cascade italiano per un aumento, nel biennio 2022-2024, del 58% di luppolo italiano utilizzato. 

A chiudere l’incontro Andrea Borello, creator e divulgatore esperto di sostenibilità, che ha stimolato una riflessione sugli effetti del climate change e sull’urgenza di applicare misure urgenti per contrastare questo fenomeno. «Il cambiamento climatico esiste dal 1896 con forti impatti sull’agricoltura e su tutta la filiera: siccità, inondazioni, desertificazione, incendi, grandinate estreme, fusione dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari. L’agricoltura rigenerativa risale al Medioevo, ma abbiamo messo in pratica uno sfruttamento tale dei terreni e della manodopera alla ricerca del profitto immediato che ce ne siamo dimenticati e viviamo nel paradosso che, pur sapendo che una minaccia esiste ma pensando che non ci coinvolgerà, non ce ne interessiamo e non affrontiamo il problema. Agricoltura rigenerativa significa prevenire il problema! Ma non basta: serve ampliare le pratiche rigenerative a tutto il sistema economico: modelli di produzione, trasporti, supply chain, energia, … Il dovere delle nuove generazioni è dire alle generazioni più grandi che queste cose devono essere fatte, pur nella consapevolezza, purtroppo, che alcune persone hanno interesse che il cambiamento climatico si verifichi…!».

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