
Quali attività di ricerca vengono svolte presso l’Università di Ghent e come si compone il vostro gruppo di lavoro?
«La ricerca e le attività presso l’Università di Ghent e l’Istituto di Studi Superiori di Ghent (Higher Education Institution Ghent – HOGENT) sono un esempio unico di collaborazione di successo tra Istituzioni di istruzione superiore. Condividendo un laboratorio di birrificazione, insieme formano il Centro di Innovazione per la Birrificazione e la Fermentazione (IBF), situato nel Campus Schoonmeersen a Ghent, dove conoscenza e tradizione si incontrano.
Il programma di birrificazione dell’Associazione Università di Ghent vanta una storia che risale al 1886, il più antico di Ghent. Questo programma è servito come uno dei predecessori di HOGENT, il college universitario fondato nel 1995. Oggi, sotto la mia leadership come professoressa all’Università di Ghent e come professoressa ospite all’HOGENT, con il supporto dell’Ing. Dana Vanderputten (lettrice all’HOGENT), il team IBF dell’Università di Ghent e HOGENT comprende otto esperti.
Gli ambiti di ricerca dell’IBF si situano nel campo della biotecnologia microbica ed enzimatica, con competenze nel controllo della qualità microbica e dell’igiene, nella qualità e stabilità del gusto, nell’uso di cereali maltati e non maltati alternativi e di orzo coltivato localmente, nella valorizzazione dei residui di pane, nella produzione di birre analcoliche e a bassa gradazione alcolica (NABLAB) tramite lieviti alternativi, birre senza glutine, kombucha, kefir vegetali e altro ancora. L’IBF fornisce supporto per l’ottimizzazione di prodotti e processi, nonché per analisi legate alla qualità e alla fermentazione per il settore della birrificazione, per piccole e grandi birrerie, malterie e loro fornitori. L’IBF si impegna a modernizzare il processo di maltazione e birrificazione promuovendo innovazioni nelle birre, NABLAB e bevande fermentate alternative.
«Un birraio dovrebbe puntare alla coerenza: ossia creare un profilo di sapore riproducibile e sufficientemente stabile durante la conservazione»
Il laboratorio è attrezzato per eseguire esperimenti di produzione del mosto e fermentazione su diverse scale. Accanto alla produzione di mosto su piccola scala (500 mL-20 L), c’è una birreria pilota all’avanguardia di 500 L con tutta l’attrezzatura necessaria per la produzione di birre in grado di eseguire protocolli di birrificazione sia convenzionali che innovativi. Sono disponibili serbatoi di fermentazione da 10 hL, 3 hL, 2 hL, 1 hL (7 unità), 60 L (4 unità), 20-25 L (18 unità) e 12 L (18 unità), oltre a un bioreattore multi-parallelo per l’ottimizzazione integrata dei bioprocessi. Apparecchiature specializzate sono disponibili per analisi fisico-chimiche e ricerche (bioreattori per ammostamento, misuratori di torbidità, misuratori di ossigeno e CO2, misuratori di densità, alcolometri, misuratori di stabilità della schiuma, misuratori di viscosità). Sono disponibili anche unità di flusso d’aria laminare, una cabina aerobica per trattamenti speciali e numerosi apparecchi di biochimica e microbiologia: fluorimetro, strutture per elettroforesi su gel, spettrofotometri, lettori bioluminescenti, analizzatore di proteine Dumas, HPAEC-PAD, HPLC-DAD, HS-SPME GC-MS per il profiling analitico dai materie prime ai prodotti finiti».
Cosa c’è di interessante nell’esplorare i cereali alternativi nella storia millenaria della birra a base di malto d’orzo?
«Esplorare cereali alternativi è affascinante per vari motivi:
1. Innovazione e diversità del sapore. L’incorporazione di cereali alternativi, come le varietà antiche di grano (farro monococo e dicocco, khorasan) e pseudocereali (grano saraceno, quinoa, amaranto), nonché avena e segale, può creare profili di sapore unici, espandendo le possibilità sensoriali della birra oltre il tradizionale malto d’orzo. Questi cereali possono aggiungere note floreali, speziate e terrose o conferire una consistenza cremosa. Le birre senza alcol e a bassa gradazione alcolica, in particolare, possono trarre vantaggio da una maggiore diversità di sapori.
2. Riscoperta della tradizione. Prima che l’orzo diventasse dominante, le birre antiche e regionali includevano altri cereali, come farri, segale e avena, a seconda delle pratiche agricole locali. Esplorare questi cereali consente ai birrai di rivisitare e rivivere tecniche e ricette dimenticate, collegando la produzione di birra moderna al suo passato ricco e variegato.
3. Sostenibilità. I cereali alternativi hanno spesso impatti ambientali diversi. Esplorarli potrebbe portare a birre più sostenibili, specialmente nelle regioni dove la coltivazione dell’orzo è meno efficiente o ambientalmente impattante. Alcuni cereali alternativi sono meglio adattati a climi specifici e richiedono meno risorse per essere coltivati, riducendo l’impatto ambientale della produzione di birra.
4. Heritage agricolo e connessione culturale. Usando cereali locali, i birrai possono mettere in evidenza l’eredità agricola di una regione, creando birre che riflettono il loro terroir. Questo approccio promuove un collegamento più profondo tra la bevanda e le sue radici culturali.
5. Benefici funzionali e tendenze alimentari. L’uso di cereali alternativi può rispondere a tendenze commerciali o dietetiche specifiche, come il contenuto di proteine migliori, sali minerali distintivi o opportunità senza glutine.
6. Sfida tecnica. Sperimentare con cereali alternativi sfida i birrai a perfezionare i loro processi, dall’ammostamento alla fermentazione. Questa ricerca stimola i progressi tecnici e amplia la base di conoscenze della birrificazione.
Incorporare cereali alternativi rispetta la lunga storia della birra a base di malto d’orzo, pur aprendo la porta a nuove possibilità, assicurando che la produzione di birra rimanga dinamica e rilevante in un mondo che cambia».